n. 18/2013
Nuove prospettive di Cooperazione allo sviluppo: il “caso” africano

L’Africa: caleidoscopio complesso e sconcertante.
Annovera duemilacinquecento tra lingue e dialetti, e tutte le forme di economia ed organizzazione sociale classificate dagli etnologi; ha il deserto più vasto del mondo (Sahara) ed altrettanta terra dal potenziale agricolo medio ed alto; concentra i più vasti contesti di carenza d’acqua e di più forte incidenza delle pandemie, in particolare malaria e HIV/AIDS; ha il Paese con il più alto tasso mondiale di popolazione femminile rispetto a quella maschile (Capo Verde: 100f/94m), quello col più alto tasso di popolazione giovane (Uganda: 50,6% degli abitanti ha meno di quindici anni), quello più povero al mondo (Congo RD: 319$ di reddito annuo pro capite), quello col più basso Indice di Sviluppo Umano (Niger: ISU 0,304), e quello con la flotta mercantile più importante a livello internazionale (Liberia); ha il non invidiabile primato per numero di conflitti armati, più prossimo alle tre che alle due decine (Ciad, Angola, Darfur; Somalia; Congo; Mali; Nigeria…); è tra le aree più ricche di materie prime, agricole e minerarie, strategiche per la crescita in generale e l’impiego delle nuove tecnologie in particolare. Per non parlare delle “nuove primavere”, politiche e sociali, che focalizzano l’attenzione della comunità internazionale, con l’insieme delle loro opportunità e contraddizioni.
Per almeno due decenni, al finire del secolo scorso, l’Africa era considerata come “Continente Perduto” quanto a prospettive di sviluppo, specie se posta a confronto con le performances straordinarie presenti nei contesti asiatico e latino americano. Valutando la situazione di allora e gli impegni di prospettiva che la comunità internazionale, in sede ONU, veniva assumendosi nel 2000 con la “Dichiarazione del millennio”, avemmo modo di definire quello africano come “il ‘caso’ serio degli Obiettivi di Sviluppo del Decennio”.
In pochi anni, emergono significative inversioni di tendenza. Citiamo a mero titolo d’esempio: l’Africa più povera, quella subsahariana, sperimenta sostenuti tassi di espansione del tutto imprevisti e, soprattutto, non estemporanei; Il Ruanda è impegnato a raggiungere ambiziosi obiettivi di crescita economica investendo significativamente nelle nuove tecnologie e nelle infrastrutture internet, così come il Botswana sta sviluppando uno dei più alti tassi di penetrazione tecnologica al punto che, nel 2010, la copertura della sua rete mobile era superiore al 100%; le performances di Costa d’Avorio, Ghana, Kenya, Nigeria, Sud Africa, Tanzania, Zambia sono ormai riconosciute come quelle dei “sette leoni” d’Africa (cui già si dovrebbero aggiungere Angola e Mozambico), riecheggiando la passata esperienza vincente di Corea del Sud, Hong Kong, Singapore e Taiwan, le “quattro tigri” d’Asia. Il rilievo delle nuove prospettive è misurato dall’interesse straordinario dimostrato dagli investitori internazionali, privati e pubblici, caratterizzati anche da massicce acquisizioni di terreni agricoli.
Siamo dunque di fronte ad una nuova stagione di cambiamenti profondi per il continente, non tutti e non necessariamente di portata negativa; anzi. Una questione, in ogni caso, rimane pure sempre aperta e di non facile soluzione: quanto gli esiti della nuova stagione porteranno a “sradicare” le tante remore ereditate dal passato, prima fra tutte quella di operare in condizioni, di fatto, di sovranità limitata.

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Data ultimo aggiornamento: 14 novembre 2019