Fusione dei Comuni

 

L'istituto della fusione

L’istituto della fusione rappresenta, accanto alle forme di gestione associata di servizi e funzioni comunali, un ulteriore strumento per il conseguimento di una dimensione efficiente della governance locale. Si tratta di una forma di riordino peculiare volta alla razionalizzazione e ottimizzazione dell’organizzazione istituzionale, per contrastare l’eccessiva frammentazione del livello amministrativo comunale Il legislatore regionale guarda con favore a questo istituto. Non a caso la legge regionale 27 aprile 2012, n. 18 (“Disciplina dell’esercizio associato di funzioni e servizi comunali”) all’art. 1 stabilisce che la Regione “valorizza ed incentiva la costituzione di gestioni associate tra i Comuni promuovendo, in particolare (….), la fusione di comuni, al fine di assicurare l’effettivo e più efficiente esercizio delle funzioni e dei servizi loro spettanti”. Sempre la stessa legge regionale (in particolare l’art. 9, comma 2) prevede che nel riparto delle risorse disponibili sia data preferenza alle fusioni rispetto ad altre forme associative.

L’istituto della fusione è stato, in tempi recenti, oggetto di due successivi interventi di modifica normativa riguardanti le disposizioni della legge regionale 4 dicembre 1992, n. 25 (“Norme in materia di variazioni provinciali e comunali”), che rappresenta la regolamentazione normativa regionale di riferimento di questa forma aggregativa.

Tra le principali novità introdotte sull’argomento dal primo intervento normativo, approvato sul finire della scorsa legislatura regionale (legge regionale 30 gennaio 2020, n. 3), è opportuno ricordare:

a) l’introduzione (art. 5, comma 1), accanto all’ordinario un giudizio di meritevolezza, di un procedimento legislativo semplificato per i processi di fusione che riguardano i Comuni interessati già da tempo da fenomeni associativi, nella forma dell’unione di comuni o di esercizio associato di funzioni e di servizi diverse dalle unioni di comuni;

b) la previsione di criteri, di parametri e di standard minimi comuni per la redazione di studi di fattibilità di fusione tra comuni (poi definiti con D.G.R. n. 541 del 5 maggio 2020). Lo studio di fattibilità, è bene ricordare, rappresenta un importante strumento di supporto e conoscitivo, sia ai fini della predisposizione della relazione al disegno di legge dell’Amministrazione regionale che introduce la fase istruttoria del procedimento, sia ai fini dell’ordinario giudizio di meritevolezza (ove necessario) da parte della commissione consiliare regionale competente, la quale, ai sensi dell’art. 5, comma 3, della legge regionale n. 25/1992, deve acquisire il parere dei consigli comunali interessati e svolgere ogni altro atto istruttorio, in base al quale formulare una relazione al Consiglio, affinché questo possa decidere circa l'esistenza dei requisiti formali e delle ragioni civiche e/o di opportunità storica, culturale, sociale, economica e/o di funzionalità istituzionale e di razionalizzazione dei servizi che sono a fondamento della variazione proposta;

c) la disciplina della compartecipazione, secondo una quota stabilita dalla Amministrazione regionale, dei Comuni proponenti, alle spese della consultazione referendaria (tale quota e i relativi criteri e modalità sono stati stabiliti con D.G.R. n. 349 del 24 marzo 2020).

Si prevedeva, infine, la reintroduzione (non senza alcuni temperamenti), del quorum di partecipazione alla consultazione referendaria.

Proprio da quest’ultima previsione è partita la riflessione che ha portato il legislatore regionale, nel corso della corrente legislatura regionale, ad approvare il secondo intervento di modifica legislativa (legge regionale 6 settembre 2023, n. 23) il cui scopo, per la parte che qui interessa, è quello di favorire le fusioni tra Comuni, anche in considerazione di uno studio sull’argomento che, analizzando numerosi indicatori di tipo socio-economico, ha evidenziato la necessità di ridurre il numero dei Comuni per aumentarne la capacità istituzionale. In questa prospettiva, anche all’esito di alcuni procedimenti referendari non andati a buon fine e sulla base delle richieste avanzate da molte amministrazioni comunali, deve leggersi, da un lato, l’abbassamento del quorum di partecipazione al referendum dal 50 al 30% degli aventi diritto al voto, con una ulteriore riduzione al 25% qualora gli iscritti all’AIRE del Comune interessato superino il 20% degli aventi diritto; dall’altro, quale misura di ulteriore incentivazione ai processi aggregativi comunali per i Comuni sorti da fusioni, la previsione di una clausola di premialità da inserire nei bandi regionali, anche di settore, con cui l’Amministrazione regionale eroga contributi agli Enti locali.

Di seguito alcune slides di presentazione degli argomenti appena trattati e anche delle altre novità introdotte in materia della L.R. 23/2023:

- L.R. n. 23 del 6 settembre 2023

 

- NORMATIVA

- IL PERCORSO DELLA FUSIONE

- I VANTAGGI DELLA FUSIONE

- INCENTIVI ALLA FUSIONE

- LE FUSIONI DEI COMUNI NEL VENETO



Data ultimo aggiornamento: 01 febbraio 2024